Tra il Lungomare Caracciolo, il Borgo Marinari e le acque vulcaniche dei Campi Flegrei, l’impepata di cozze è più di una ricetta: è un racconto di mare, di convivialità e di identità napoletana. Questo piatto, semplice e genuino, unisce il profumo iodato dei mitili alla forza del pepe nero macinato al momento, diventando l’emblema della cucina partenopea.
Nel Golfo di Napoli la mitilicoltura è una tradizione secolare: a Bacoli e Pozzuoli i molluschi vengono allevati da generazioni, con tecniche tramandate e rispetto per le acque flegree. In estate, quando i mitili raggiungono la loro pienezza, l’impepata diventa il piatto simbolo delle tavole sul mare, perfetta da gustare con un calice di Falanghina dei Campi Flegrei DOC mentre il sole tramonta su Castel dell’Ovo.
È una ricetta che si fa racconto di territorio: pochi ingredienti, tanto carattere e un legame indissolubile con Napoli e la sua tradizione gastronomica più autentica.
L’impepata di cozze ha radici profonde nella cultura partenopea, affondando nei secoli della cucina popolare e marinara. Si tratta di un piatto povero, nato nei porti e nei vicoli dove il pesce e i molluschi erano cibo quotidiano. La parola stessa, “mpepatella”, rivela la sua anima schietta: cozze e pepe, niente di più.
Nel tempo, la ricetta è apparsa nei ricettari storici napoletani, da quelli di Ippolito Cavalcanti fino ai manuali moderni che ne celebrano la semplicità. La regola d’oro resta invariata: materia prima freschissima e tempi di cottura rapidi, per non alterare la consistenza tenera dei mitili. I puristi rifiutano qualsiasi aggiunta, ma alcune varianti prevedono aglio, olio extravergine e prezzemolo, che arricchiscono il profumo senza tradire la ricetta originaria.
Diversa dal sautè di cozze, che include vino bianco e una nota più aromatica, l’impepata resta fedele alla sua essenza “a secco”, con una spolverata generosa di pepe che domina il gusto. Questo equilibrio tra mare e spezia è ciò che la rende unica e irresistibile, un piatto che rappresenta l’anima diretta e sincera di Napoli.
L’impepata, oggi, è presente in tutti i ristoranti tipici napoletani, dalle trattorie dei Quartieri Spagnoli ai ristoranti stellati che la propongono in chiave gourmet. È diventata un simbolo identitario, capace di unire napoletani e turisti nel segno del sapore autentico.
La ricetta dell’impepata di cozze si basa sulla purezza degli ingredienti. Per quattro persone bastano:
Il segreto sta nella cottura a secco: si scalda una casseruola ampia, si versano le cozze senza aggiungere acqua e si copre per pochi minuti, finché si aprono. A questo punto si aggiunge pepe abbondante e, per chi lo desidera, un tocco di prezzemolo o un filo d’olio crudo. Il risultato è un profumo intenso e un sapore iodato che racconta il mare.
È importante seguire alcune regole di sicurezza alimentare: non forzare mai le cozze chiuse, eliminare quelle rotte o dall’odore sgradevole, e conservarle vive al fresco prima della cottura. Anche il lavaggio è cruciale: bisogna rimuovere il bisso e spazzolare il guscio per eliminare incrostazioni e sabbia.
Per un risultato professionale, alcuni chef filtrano l’acqua di cottura e la servono a parte come “brodo di mare” per accompagnare il pane o le freselle, rendendo l’esperienza ancora più autentica.
Il momento migliore per gustare questo piatto è l’estate, quando le cozze sono più carnose e saporite. Tuttavia, grazie agli allevamenti dei Campi Flegrei, è possibile trovarle tutto l’anno, garantendo sempre freschezza e qualità controllata.
Chi desidera provare l’impepata di cozze nel suo contesto più autentico deve visitare il Borgo Marinari di Napoli, dove storici ristoranti come Zi Teresa la servono con vista sul mare e su Castel dell’Ovo. Anche lungo il Lungomare di Napoli o nei porti di Pozzuoli e Bacoli, la si trova in numerose trattorie e chioschi estivi, spesso accompagnata da un bicchiere di Greco di Tufo DOC o Biancolella d’Ischia.
Proprio a Bacoli, ogni anno, si celebra il Mytilus Fest, l’evento dedicato alla cozza flegrea. L’edizione 2025 si è tenuta il 12–13 luglio al Porto di Baia, tra degustazioni, musica e laboratori didattici. Per il 2026 si è in attesa del calendario ufficiale.
Il festival rappresenta un’occasione unica per conoscere da vicino la filiera dei mitili locali e per assaggiare l’impepata “alla fonte”. È anche un modo per esplorare un territorio ricco di storia, archeologia e bellezze naturali, dai resti sommersi di Baia al lago di Miseno.
Chi ama il turismo enogastronomico troverà nella zona una combinazione perfetta tra mare, cucina e accoglienza. Le guide locali organizzano tour tematici con tappe nelle aziende di mitilicoltura e nei ristoranti più rappresentativi.
In ogni caso, l’impepata resta una esperienza sensoriale e culturale che racchiude il cuore di Napoli: semplice, genuina e profondamente legata al mare.