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Lago d’Averno e Campi Flegrei: la porta degli Inferi

Alla scoperta del Lago d’Averno, tra mito e vulcani attivi

A pochi chilometri da Napoli, nel cuore dei Campi Flegrei, si apre un paesaggio che sembra uscito da un poema antico: il Lago d’Averno, un bacino vulcanico avvolto da vapori sulfurei e leggende millenarie.
Questo luogo, immerso tra boschi e colline di tufo, è da secoli considerato la “porta degli Inferi” per Greci e Romani, teatro dei racconti di Enea e della Sibilla Cumana. Oggi, ciò che fu temuto come l’ingresso dell’Ade è un’oasi di pace e natura, perfetta per chi desidera unire escursionismo, storia e spiritualità.

Camminare lungo il sentiero ad anello che costeggia le acque scure (circa 2,8 km pianeggianti) significa attraversare un paesaggio unico dove mito e geologia convivono. I vapori che un tempo spaventavano gli antichi oggi svelano la straordinaria energia vulcanica di questa terra, parte della caldera dei Campi Flegrei, uno dei sistemi vulcanici più monitorati d’Europa. Visitare l’Averno non è solo un’esperienza paesaggistica, ma un vero viaggio nel tempo e nell’immaginario mediterraneo, fra poesia, scienza e natura viva.

Dal mito di Enea e della Sibilla Cumana alla geografia dell’Ade

Secondo la tradizione classica, il Lago d’Averno era il punto d’accesso al regno dei morti. Nell’Eneide di Virgilio, l’eroe troiano Enea giunge qui per interrogare l’aldilà, accompagnato dalla Sibilla Cumana, sacerdotessa di Apollo che lo guida nell’oscurità con il celebre “Ramo d’Oro”. Gli antichi identificavano la cupa superficie del lago come la soglia che separa il mondo dei vivi da quello dei morti: il nome stesso, “Averno”, deriva dal greco a-ornos, “senza uccelli”, poiché i gas sulfurei impedivano il volo.

Nei secoli successivi il mito sopravvisse nelle interpretazioni di Dante Alighieri, che, ispirato da Virgilio, immaginò proprio qui la sua “selva oscura”, e persino di Galileo Galilei, che individuò nei boschi intorno al lago la possibile ubicazione dell’ingresso dantesco all’Inferno.  
Oggi il visitatore può ancora percepire quel senso di mistero: i pendii boscosi, i vapori e i resti di templi romani evocano una suggestione senza tempo. A pochi minuti di cammino si raggiunge l’Antro della Sibilla Cumana, un corridoio scavato nel tufo lungo oltre 100 metri, visitabile all’interno del Parco Archeologico dei Campi Flegrei.

Il mito dell’Averno è così radicato nella cultura occidentale da essere entrato stabilmente nel linguaggio: “scendere all’Averno” significa affrontare una prova difficile, un’esperienza di trasformazione. Visitare oggi questo luogo è, in fondo, una discesa simbolica nelle profondità della storia, della letteratura e del paesaggio vulcanico campano.

Campi Flegrei: vulcani attivi, bradisismo e paesaggi che respirano

I Campi Flegrei costituiscono una delle aree vulcaniche più complesse e affascinanti del mondo. Estesa per circa 12 km, la caldera comprende oltre venti crateri e coni eruttivi, tra cui Monte Nuovo, il vulcano più giovane d’Europa, nato nel 1538 in soli otto giorni. Qui la terra “respira”: il fenomeno del bradisismo provoca il periodico sollevamento e abbassamento del suolo, come dimostrano le colonne forate del Macellum di Pozzuoli, antico mercato romano oggi osservatorio naturale per i geologi.

Secondo l’INGV, negli ultimi anni il suolo di Pozzuoli si è sollevato fino a 2 cm al mese, generando sciami sismici e micro-terremoti percepiti dalla popolazione. Tuttavia, gli esperti rassicurano che si tratta di un comportamento fisiologico del sistema, non preludio di una grande eruzione. Questa vitalità geologica rende i Campi Flegrei un laboratorio a cielo aperto per studiosi e visitatori.

Tra i luoghi più spettacolari c’è la Solfatara di Pozzuoli, un cratere fumante di vapori sulfurei e pozze di fango ribollente, chiamato dai Romani Forum Vulcani, la fucina del dio Vulcano. L’area è attualmente chiusa al pubblico dopo l’incidente del 2017, ma è visibile dai belvedere esterni e attraverso visite guidate organizzate dal Parco Archeologico.

Esplorare i Campi Flegrei significa vivere un territorio dove vulcanismo, archeologia e mito si fondono.
Ogni collina nasconde un cratere spento, ogni lago racconta la memoria del fuoco. Lungo la costa si susseguono Pozzuoli, Baia, Lucrino e Cuma, tutte tappe di un itinerario che unisce scienza, paesaggio e spiritualità, offrendo un punto di vista unico sulla Campania più autentica e misteriosa.

Itinerario tra Cuma, Baia e Pozzuoli: storia, mare e sapori vulcanici

Un itinerario ideale nei Campi Flegrei parte da Cuma, antica colonia greca, dove si trova l’Antro della Sibilla, riscoperto nel 1932 dall’archeologo Amedeo Maiuri. Questo corridoio trapezoidale scavato nel tufo, con tagli di luce che filtrano dall’alto, è uno dei luoghi più suggestivi del Mediterraneo antico. Da qui si prosegue verso Pozzuoli, l’antico Puteoli, per visitare l’Anfiteatro Flavio e il Macellum/Tempio di Serapide, dove le colonne “mangiate” dai molluschi marini testimoniano millenni di sollevamenti del suolo dovuti al bradisismo.

A pochi chilometri si raggiunge Baia, oggi celebre per il suo Parco Archeologico Sommerso: un museo subacqueo visitabile con barche dal fondo trasparente o immersioni guidate.
Ville romane, mosaici e ninfei giacciono sotto pochi metri d’acqua, offrendo un’esperienza emozionante fra storia e mare.

Per completare il viaggio, una sosta enogastronomica è d’obbligo: i vigneti che circondano il Lago d’Averno e il Monte Nuovo producono la Falanghina dei Campi Flegrei DOC, vino bianco dalla marcata mineralità salina, perfetto con frutti di mare e cozze di Lucrino. Molte cantine locali propongono degustazioni e percorsi sensoriali.

Il tour può concludersi sul lungomare di Pozzuoli, dove le luci del tramonto riflettono il profilo di Ischia e Procida. È il punto d’incontro ideale fra mito e contemporaneità: una terra che continua a muoversi, a respirare, a raccontare. I Campi Flegrei non sono solo una destinazione turistica, ma un’esperienza che tocca i sensi e la memoria.

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