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Masaniello: l’eroe di Napoli e la rivolta del 1647

Napoli e la leggenda di Masaniello: un viaggio nella memoria partenopea

Napoli è una città che vive di contrasti e passioni. Tra i vicoli brulicanti e i suoni che si confondono con l’odore del mare, ogni pietra racconta una storia. Una delle più intense è quella di Masaniello, il giovane pescivendolo che nel 1647 osò sfidare l’Impero Spagnolo. La sua vicenda, drammatica e gloriosa, è parte integrante dell’identità napoletana, tanto da essere tramandata nei secoli come simbolo di libertà e giustizia.  
Visitare i luoghi legati alla sua figura significa immergersi in un itinerario culturale e storico che attraversa l’anima della città: da Piazza Mercato, teatro della rivolta, alla maestosa Basilica del Carmine Maggiore, dove trovò la morte, fino al Maschio Angioino, roccaforte del potere vicereale. Questo percorso è un invito a scoprire la Napoli più autentica, quella che vibra di storia e di popolo, dove il passato continua a dialogare con il presente.

Chi era Masaniello e perché la sua rivolta cambiò la storia di Napoli

Per comprendere la portata della rivolta di Masaniello, bisogna tornare alla Napoli del Seicento, una delle città più grandi e vivaci d’Europa, ma anche una delle più sofferenti. Governata dal Viceré spagnolo Rodrigo Ponce de León, la città era oppressa da tasse insostenibili. Ogni prodotto – dalla frutta al pane – era gravato da una gabella, mentre il popolo, formato da artigiani, pescatori e piccoli commercianti, faticava a sopravvivere. In questo clima di esasperazione, nacque il mito di Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello, uomo del popolo, carismatico e impulsivo.

L’episodio scatenante avvenne il 7 luglio 1647, quando l’aumento della tassa sulla frutta fece esplodere la rabbia collettiva. In Piazza Mercato, centro nevralgico della città, Masaniello prese la parola e, con una forza oratoria sorprendente, infiammò la folla gridando: “Viva ‘o Rre ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno!”. Non si trattava di un tradimento verso il re, ma di una ribellione contro l’ingiustizia e la corruzione.

Nel giro di poche ore, la protesta si trasformò in un’insurrezione. I rivoltosi assaltarono i palazzi dei nobili, liberarono i prigionieri e distrussero gli archivi fiscali. Napoli fu travolta da un’ondata di entusiasmo e speranza: per la prima volta, il popolo prendeva il potere. Masaniello venne nominato “Capitano Generale del Popolo Napoletano” e instaurò un governo popolare basato su equità e legalità. Impose prezzi calmierati, punì i saccheggiatori e trattò direttamente con il Viceré, ottenendo la revoca di molte tasse.

Tuttavia, il sogno durò poco. Schiacciato dalla pressione e dai complotti, Masaniello iniziò a mostrare segni di squilibrio. Le fonti parlano di stress, insonnia e paranoia, ma anche di un possibile avvelenamento. Dopo soli dieci giorni, il 16 luglio 1647, fu assassinato nella Basilica del Carmine Maggiore, il luogo che oggi conserva la sua memoria.  
Quella di Masaniello non fu una semplice rivolta fiscale: fu un atto di dignità collettiva che segnò per sempre la storia di Napoli e d’Italia.

Masaniello tra mito e realtà: l’eroe plebeo diventato leggenda

Dopo la sua morte, Masaniello divenne leggenda. Il popolo, che pochi giorni prima lo aveva abbandonato, ne celebrò un funerale trionfale. La sua testa, tagliata e portata come trofeo al Viceré, venne ricucita al corpo prima della sepoltura. La processione attraversò tutta la città: un popolo intero piangeva il proprio martire.  
Il potere tentò di cancellarne il ricordo, demolendo la sua casa in Vico Rotto al Mercato e cancellando il suo nome dagli atti pubblici. Ma la memoria non si può distruggere. Col passare dei secoli, Masaniello è diventato simbolo universale del riscatto popolare, ispirando scrittori, pittori e musicisti.

Il mito di Masaniello travalicò i confini della Campania. Il suo nome fu citato da Goethe, da Alessandro Dumas padre, e persino nelle cronache della Rivoluzione Francese, come esempio di eroismo plebeo.
Nell’Ottocento, la sua figura ispirò opere liriche e romanzi, tra cui “Masaniello” di Auber, rappresentata nei teatri di tutta Europa.

Oggi la sua storia è raccontata anche nei musei e negli archivi cittadini, dove sono conservati documenti originali della rivolta. A Napoli, numerose strade, lapidi e toponimi ricordano il suo nome. Perfino il suo volto compare nei murales del centro storico, testimonianza di una memoria ancora viva.  
Masaniello è diventato il simbolo di un popolo che non accetta la sopraffazione: un eroe senza corona, la cui grandezza sta nell’essere rimasto fedele alla propria umanità, anche nel momento del potere.

Il suo mito continua a ispirare movimenti artistici e sociali, a ricordare che la libertà e la dignità non si conquistano una volta per tutte, ma si difendono ogni giorno.

Sulle tracce di Masaniello: un itinerario tra i luoghi simbolo di Napoli

Seguire oggi le tracce di Masaniello significa vivere un viaggio nella Napoli più autentica, tra fede, arte e memoria civile. L’itinerario parte da Piazza Mercato, dove tutto ebbe inizio. Oggi la piazza ha un volto diverso, ma mantiene intatta la sua energia popolare. Passeggiando tra le bancarelle, si può immaginare l’antico fermento del luglio 1647. Il Comune di Napoli ha inserito la piazza nel circuito dei luoghi storici della città.

A pochi passi, la Basilica Santuario del Carmine Maggiore custodisce la memoria di Masaniello. Qui, sotto l’imponente campanile, si trova la tomba dell’eroe e il pulpito dal quale pronunciò il suo ultimo discorso. L’interno barocco, ricco di marmi e affreschi, rende il luogo suggestivo e commovente.

Proseguendo, si arriva a Vico Rotto al Mercato, la strada dove sorgeva la casa di Masaniello, distrutta dopo la sua morte per ordine delle autorità spagnole. È un luogo carico di significato, simbolo della damnatio memoriae che cercò invano di cancellare la sua figura.  
Il percorso può poi continuare fino al Castel Nuovo (Maschio Angioino), sede del potere vicereale, che i rivoltosi assediarono durante la sommossa. Visitandolo, si può comprendere il contrasto tra il potere e la gente comune che, per dieci giorni, riuscì a cambiare il destino della città.

Concludere l’itinerario in questi luoghi significa rendere omaggio non solo a Masaniello, ma a una Napoli ribelle e fiera, che continua a raccontarsi attraverso le sue pietre, le sue chiese e il suo popolo. Un percorso ideale per chi ama la storia viva, le emozioni autentiche e la forza inalterabile della cultura partenopea.

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